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La Fata Dei Campi Leggenda Calabres |
C’era
una volta… ma forse c’è ancora, sotto altre spoglie, una bellissima
giovane che girava attraverso le nostre contrade. Nessuno sapeva da dove
venisse senza mai farsi annunciare. Era presente in ogni paese, nei
villaggi di montagna o nelle borgate di campagna, sui campi quando il
grano era biondo e maturo e appariva come un tratto di mare giallo, che
aveva onde di luce. Era presente quando le ragazze cantavano felici nel
tempo della vendemmia; o quando la neve copriva di bianco la terra, e
gli alberi e le case apparivano trasformati in zucchero filato. I vecchi
contadini ed anche mia nonna, che contadina non era, la chiamavano Fata
dei Campi. Alcune volte appariva inghirlandata, con i capelli
inanellati e sciolti sulle spalle in una cascata d’oro.Aveva un vestito
di candida neve, il manto celeste trapunto di stelle, le scarpine di
seta verde: sembrava una creatura discesa dal cielo. Altre volte
appariva sotto le spoglie di giovane guerriero: la sua corazza,
sfolgorante di luce, aveva maglie che tintinnavano ad ogni movimento;
altre volte assumeva fattezze ed abbigliamenti bizzarri e originali.
Ognuno sperava incontrarla, pensando quanto era prodiga nel dispensare
grazie. La sognavano i bambini nella quiete del loro riposo;
l’invocavano le mamme, intente a cullare i piccoli, rendendola
protagonista nelle ninne nanne, cantate come una preghiera. La Fata dei
Campi si prestava a curare i malati, a confortare gli afflitti che
vivevano le ore del giorno e della notte nel dolore; sosteneva e
assisteva gli uomini ingenui e pacifici. Molte volte, nelle sembianze di
valoroso guerriero, umiliava i superbi; altre volte, esaltava le
creature mansuete e spaurite. Anche se era rinomata come Fata dei Campi,
colpiva con castighi e pene le persone insensibili verso le sofferenze
altrui. Era desiderata e invocata da tutti come lo spirito del bene, ma
concedeva la gioia della sua presenza divina soltanto agli innocenti, ai
puri di cuore, ai giusti, ai quali elargiva i tesori delle sue grazie. I
più vecchi narravano di sue apparizioni improvvise e di prodigi. Una
sera, al chiaro di luna, una contadinella, semplice e pura come una
colomba, stava sdraiata su di un cumulo di paglia nell’aia di un podere.
Estasiata ascoltava il canto di un usignuolo, quando avvertì un sibilo e
un fruscìo, e dagli sterpi della vicina boscaglia venne fuori un
mostruoso serpente, con gli occhi di fuoco, che si diresse minaccioso
contro di lei. La ragazza, atterrita, lanciò un grido e svenne. Nel
riprendere i sensi, si trovò accanto una giovane vestita di bianco,
bella come un arcangelo, sfavillante di luce divina: le accarezzava il
viso e la confortava amorevolmente. Io sono la Fata dei Campi - le disse
- e ti ho sottratta alle insidie del mostro. Sii prudente d’ora in poi;
sii buona e abbi fede in me, nella mia protezione e nel mio aiuto.
Montata in groppa a un focoso cavallo, sparì attraversando la fitta
boscaglia per prestare soccorso ad altre creature bisognose. Da quel
giorno il popolo ancora crede che la Fata dei Campi percorra benefica le
nostre contrade, ma non la chiamano più col nome che usavano i vecchi
pastori della Sila o i pescatori di Montauro. La Fata dei Campi ha ora
altri nomi, più dolci, che hanno il suono familiare di materna presenza:
Maria degli Angeli, Maria delle Grazie, Maria della Luce, Maria
dell’Aiuto, Maria di Porto Salvo.
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