Il nome di questo fiore deriva dal greco
ròdon, che significa rosa, e déndron, che significa albero; dunque,
"albero delle rose". In tedesco il rododendro è chiamato
viceversa alpenrose, rosa delle Alpi, perché cresce fino a duemila metri
d'altezza, mentre negli Appennini viene chiamato anche "rosa dei
morti" perché una vecchissima leggenda narra che fosse nato dal sangue
di un giovane che si era ucciso per amore. La leggenda però più bella di questo
fiore narra del principe dei ghiacci, che viveva sereno e tranquillo con
la regina madre in un castello posto fra gli alti ghiacciai della
catena alpina del Monte Bianco, fino a quando il suo cuore fu preso
dall'amore. Ancora adesso può capitare che,
osservando la cima del Monte Bianco nelle notti di luna piena, la si
veda risplendere di bagliori dorati; alcuni raccontano che sono le fate,
che giocano con palline d'oro, berillo ed acquamarina ; si favoleggia
da costoro che la cima del Monte sia d'oro purissimo, celato dai
ghiacciai perenni. Altri invece sostengono che quei
bagliori sono quanto si riesce ad intravedere, in condizioni favorevoli,
delle torri dorate, svettanti verso il cielo, del castello dove per
lungo tempo ha abitato il principe dei ghiacci, e che ormai è
abbandonato. Questa è la storia di quel principe. In un tempo lontano, narrano i vecchi
che abitano a ridosso del monte, il luogo era abitato. IL castello era bellissimo, sembrava fatto di
cristallo, e nei lunghi corridoi e nelle ampie stanze radiose sembrava
di camminare immersi nell'arcobaleno, quando il sole splendeva.
Era impossibile essere infelici in un
luogo così bello e il principe, la madre, i numerosi amici che venivano
in visita, i servitori fedeli e trattati con umanità e cortesia,
persino gli animali erano lieti di vivere in un luogo tanto bello. Un giorno il principe, che amava molto
cacciare, si spinse nell'inseguire la preda ben oltre i confini del suo
regno, fino ad arrivare ad una valle sconosciuta, piena di fiori dagli
smaglianti colori, dove vide, seduta in mezzo al prato, una bella
creatura solitaria e luminosa come una stella. La vita del principe
cambiò il suo corso, in quel quieto giorno di primavera, poiché lei lo
guardò con occhi così grandi e dolci che il cuore del giovane tremò, e
fu smarrito per sempre. Voleva portarla immediatamente nel suo castello
fra i ghiacci, e farla sua sposa. Lei, a sua volta affascinata, scosse il
capo piangendo. IL compito che il destino le aveva affidato, portare la
primavera, non avrebbe mai potuto sopravvivere in un luogo dove non
poteva far nascere e crescere i fiori. IL principe comprese che il rifiuto di
lei era definitivo, e non osò neppure insistere ; così fece ritorno al
suo castello col cuore gonfio di tristezza e di nostalgia, lui, che non
aveva mai conosciuto, né procurato dolore ad anima viva, ma neanche mai
provato lo struggimento del desiderio rimasto inappagato.
La madre regina, che amava moltissimo
quel suo figlio tanto bello e buono, una volta saputo il motivo della
malinconia che non lo abbandonava mai, cominciò a vagare tra i ghiacci,
alla ricerca di una soluzione. Con quelle sue scarpe eleganti e sottili,
fatte per camminare sui preziosi tappeti del suo bel palazzo di
cristallo e di luce, si trascinò da un capo all'altro del regno, su e
giù per i ripidi sentieri, per interrogare una dopo l'altra, tutte le
maghe che conosceva, senza badare né alla stanchezza né al dolore, ma
senza riuscire a trovare una soluzione. Quando le sue belle scarpe
furono consumate, la regina continuò a camminare, senza badare alle
piaghe che si aprivano sui piedi ghiacciati e al sangue che cominciava
ad uscire da mille piccole ferite. Infine, senza più fiato né speranza e
con gli occhi pieni di lacrime dovette risolversi a riprendere la via
del suo bel castello di ghiaccio. IL principe, che l'aspettava con ansia,
si accorse meravigliato che ai piedi della madre, là dove era colato il
sangue sgorgato dalle tante ferite dei poveri piedi massacrati, erano
spuntati innumerevoli fiori rossi come il sangue, mentre dalle lacrime
della regina erano sbocciate piccole palline bianche, come quelle che in
primavera si vedono sui cespugli dei rododendri. Fu così che il Castello di Ghiaccio ebbe
i suoi fiori, che continuano a sbocciare ancora adesso fino ai duemila
metri d'altezza, ed il principe ebbe la sua fanciulla in i sposa, e nel
castello tornò la felicità, persino tra nuora e suocera, cosa che
raramente accade, anche nei racconti di fate.
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